Le bevande da tavola e da bar

Storia, contenitori, gusti e mutazioni. Era la “Saggia” la benefattrice assoluta delle nostre estati da ragazzini. Cinque le sue proposte commerciali: spuma bionda, cedrata, aranciata, gassosa, ginger. Altre...

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Storia, contenitori, gusti e mutazioni.

Era la “Saggia” la benefattrice assoluta delle nostre estati da ragazzini. Cinque le sue proposte commerciali: spuma bionda, cedrata, aranciata, gassosa, ginger.

Altre marche più eccentriche proponevano anche aranciata sanguinella, chinotto e gassosa al tea. Una volta tolto il tappo gommato la fragranza era unica; tutte le bibite erano in vetro verde (random il vetro poteva essere incolore), e questo riusciva benissimo a mascherare il sospetto colore arancione psichedelico dell’aranciata (uguale a quello di certi bussolotti delle sorprese Kinder).

Nella seconda metà degli anni ’80 arrivò la plastica e, ovviamente, rovinò tutto: la Saggia scomparve e le varie bibite risentirono in gran parte del funesto passaggio vetro-plastica.

In realtà solo il ginger e l’aranciata non soffrirono del cambiamento: il colore della seconda venne naturalmente cambiato in un giallo scuro che faceva molto “Fanta”, anche se ci fu chi come la San Benedetto, impudicamente, continuò a proporre la vecchia colorazione allucinata adesso non più mascherata (solo la Norda in seguito avrebbe usato plastiche colorate), comunque l’aroma della bibita non era peggiorato.

Invece, e qui viene il bello, il trittico gassosa-cedrata-bionda, nella nuova confezione assunse un retrogusto metallico molto sgradevole (lampante tra l’altro nella tonica Recoaro in lattina) e un effetto alla “kaki acerbo” che, dati alla mano, viene tuttora rilevato solo da chi ha una certa sensibilità gustativa e soprattutto solo se ha vissuto “la spuma da 500 in vetro”.

Per alcuni risulta imbevibile anche se, cosa singolarissima, una bottiglia su dieci può non presentare il difetto di cui sopra. Per gli sfortunati che hanno avuto la loro “prima volta” con una spuma in plastica, è possibile comunque riuscire a percepire il gusto metallico e il “kaki acerbo” di cui accennavo prima, semplicemente con il “trattamento Tassoni”, ovvero dopo almeno sei mesi di esclusivo consumo di cedrata Tassoni (sul cui gusto eccessivamente caramellato ci sarebbe da disquisire parecchio) in vetro da 20 cl. (scevra dal difetto di cui sopra); beh, dopo i mesi nei quali avrete rotto i ponti col passato, se ritornerete a sorseggiarvi una cedrata qualunque di un qualsivoglia Discount, l’effetto sarà lampante e nauseabondo.

Stessa sorte è toccata alla Ben Cola, al bitter Milanino, al Trilly, alla intera linea commerciale Guizza, alle spume Benson e a numerose altre bibite. Si salvano ormai solo la rarissima Norda in vetro (si, avete letto bene! C’è ancora qualche coraggioso!), reperibile in qualche bar di sperduti paesini, e la bionda Cristallo, che è riuscita a fare il miracolo pur essendo in plastica.

Altra cosa da ricordare è di diffidare assolutamente delle simil-Coca-Cola: ne ho provate molte, dalla Crown Cola alla Royal, ma non ce n’è una che non abbia quel sapore di china, veleno dei puristi della Coca-Cola, e un disgustoso retrogusto di acetone. Tipo quello che poi caratterizzerà il densissimo latte al cioccolato Ferrero, roba da diabete istantaneo, ma comunque ispiratore delle attuali controparti ad opera della Cirio, della Mukki e della Granarolo. Comunque la regola è semplice: diffidare da ogni prodotto taroccato.

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