Le Merendine dolci confezionate degli anni ’60 e ’70

Per il rito speciale della merenda noi bambini degli anni ’60 e ’70 ci siamo deliziati più che abbondatemente con la prima, rivoluzionaria generazione di merendine confezionate, sapori...

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Per il rito speciale della merenda noi bambini degli anni ’60 e ’70 ci siamo deliziati più che abbondatemente con la prima, rivoluzionaria generazione di merendine confezionate, sapori che non potremo mai dimenticare …

Forse non lo sai, ma la radice etimologica del termine “merenda” è  “merere”, ovvero meritare. Il senso della merendina per i bambini degli anni 60 e 70 era infatti questo: il ‘dolce’ premio per gratificarci di qualcosa di giusto o buono che avevavo fatto.

E’ anche interessante sapere che in nessun altro Paese europeo esistono le ‘merendine’ proprio perché il concetto di merenda è una prerogativa che contraddistingue la nostra alimentazione, in contrapposizione con lo ‘snacking’ tipico delle nazioni anglosassoni, dove si e’ soliti mangiare spesso, a tutte le ore, e prevalentemente fuori casa.

Il capostipite di tutte le merendine è il Mottino della Motta, del 1951, un panettone formato mignon. Nelle confezioni del Mottino, veniva regalata la carta d’identità del panettoncino stesso, con tanto di foto all’interno, dati anagrafici e analisi chimico/fisica.

La prima merendina culturalmente rivoluzionaria fu il Buondì Motta (1953) che negli anni ’60 si impose come merendina confezionata e giunse a sostituire la classica brioche consumata al bar insieme al cappuccino.

Si tratta di un piccolo pagnocchino dolce a consistenza morbida, con l’impasto a lievitazione naturale ricoperto da un sottile strato di glassa all’amaretto e guarnizione di granella di zucchero e divenne così famoso che, a casa come al bar, la frase “cappuccio e brioche” si trasformò in “cappuccio e Buondì”.

Prevalentemente era disponibile in confezione singola, soprattutto nei bar, e nelle confezioni da otto Buondì che conosciamo anche oggi. Per noi bambini mangiare il buondì aveva un particolare rito:

si cominciava sempre dalla glassatura superiore con zucchero, che veniva staccata delicatamente con i denti davanti e gustata da sola. Massima abilità se si riusciva a rimuovere la glassatura in un solo pezzo. Il rimanente buondì non faceva in tempo a riprendersi dall’asportazione della glassa che veniva divorato con:
a) quattro o cinque bei morsi a secco e un bel tempo di masticazione;
b) immersione rapida in latte caldo con istantaneo inghiottimento della polpa fradicia;
c) Farcitura ricca e cariogena di confettura, Nutella o surrogati, e poi come punto a).

Era quasi sempre necessario accompagnare del liquido al Buondi perché la sua innocua apparenza si trasformava in bocca in una specie di blob che richiede lunghi tempi di masticazione ed è impossibile da inghiottire senza rischiare il soffocamento. Su questo principio si sparse la scommessa che è impossibile mangiare un Buondì intero in meno di 60 secondi. Io ho provato più volte e non ci sono riuscito; provateci voi, e poi ditemi se ci riuscite …

Con gli anni ’60 arriva l’espansione economica, aumenta il benessere diffuso e si moltiplicano le merendine confezionate. Nei primi anni sessanta grande successo lo ottenne il Pandorino Bauli, riduzione in formato monodose del tipico dolce natalizio veronese.

La prima generazione di merendine nasce in questi anni con il concetto delle torte casalinghe, dagli ingredienti semplici e di facile lavorazione, a base di pasta margherita, pandispagna e pastafrolla, variamente farcite con confettura o cioccolata.

Primo esempio e pietra miliare di questa tipologia di merendine è la Brioss Ferrero (1961), soffice trancino di pandispagna, semplice negli ingredienti e nella lavorazione proprio come un dolce casalingo, farcito con marmellata di albicocche o ciliegie. Ad aiutare il successo della Brioss fu anche una delle prime raccolte punti, con il famoso concorso promozionale “Una giornata con il tuo calciatore preferito” che segnò, letteralmente, un’epoca. Più avanti, negli anni ’70, sempre con i punti della Brioss poteva avere la fantastica casetta Cicocca, una specie di rifugio che ogni bambino agognava.

Nello stesso anno arriva la Fiesta, sempre da Ferrero, una merendina realizzata con un pan di spagna leggermente imbevuto di liquore curaçao aromatizzato con scorze di arancia, e rivestito da uno strato di cacao,  una ricetta sofisticata resa possibile dall’innovazione tecnologica. Fiestà diventerà una merendina protagonista degli anni 70, con i caroselli interpretati da “I ricchi e poveri” e Jo’ Condor e i tormentoni “Snakkiamoci una Fiesta“, “Fiesta ti tenta tre volte tanto”, “Nutre che è un piacere” o “Non ci vedo più dalla fame”.

Sempre negli anni ’60 viene ricordata anche la merendina Sibon. Si trattava di una barretta di cioccolato e riso soffiato, tipo ciocorì, ma era di forma quadrata, forse prodotta dalla Perugina, impazzava nelle merende di scuola nel 66 circa.

Negli anni ’70 le merendine si moltiplicano ed entrano quotidianamente nelle case degli italiani, sempre principalmente a base di pandispagna farcito o ricoperto con il cioccolato, ma con interessanti idee creative.

Il Fagottino Motta era una merendina di pasta sfoglia con farcitura all’albicocca o allo zabaione, concettualmente antisegnano del Saccottino che verrà.

Anche il Wafer si trasforma e negli anni 60 e 70 diventa merendina con i superbuoni Urra Saiwa, grossi waver rettangolari ricoperti di cioccolato e confeizonati in carta dorata, e con i Super Wafer Maggiora, con lo slogan: “Super Wafer Maggiora, frrriabilissimo”.

Un’idea vincente di merendina dei primi anni 70 è la Girella della Motta (1973), pan di spagna e cioccolato, entrata nel mito per l’inconfondibile forma a spirale e per la pubblicità a cartoni animati con l’indianino Toro Farcito costretto a difendere la sua merendina preferita dagli assalti del Golosastro che vuole rubargliela. La Girella è stato il primo prodotto ad inserire una sorpresa all’interno delle confezioni, inaugurando l’accoppiata merendine/sorpresine che ancora oggi fa la gioia di tanti collezionisti. Memorabile il suo slogan pubblicitario: “La morale è sempre quella fai merenda con Girella”.

Nel 1975 è la volta di Kinder Brioss, molto simile a Brioss Ferrero.

Più o meno degli stessi anni è la merendina Tin Tin Alemagna, pasta al cacao e malto con granella di amaretto e farcitura al latte, con una raccolta punti che regalava ai tin-tin-agers la favolosa Tin Tin Bici; e la tortina Ciù Ciù Tettamanti, abbastanza simile alla Fiesta.

Nel 1977 Barilla scopre la “Valle Felice” e nasce il Mulino Bianco con uno slogan che diventerà storico: “Mangia sano, torna alla natura”. Dal Mulino Bianco esce una gamma completa di prodotti da forno e biscotti e parte la “Linea merende” con le merendine oggi dimenticate dei Dondoli e delle Trottoline  e con i classici Saccottino, brioche lievitata farcita all’’albicocca, al cioccolato o alla crema, e Crostatina, mini torta di pasta frolla in due versioni, alla marmellata e al cioccolato, apprezzati dai bambini anche per le divertenti sorpresine in scatola che si trovavano in ogni confezione.

Altre merendine tipiche dei bambini degli anni 60 e 70 non da forno erano le cioccolate, di cui ricordiamo i buoni Ciocorì e Biancorì, riso soffiato coperto di cioccolato al latte e cioccolato bianco pubblicizzate dai due castorini disegnati dal maestro Bruno Bozzetto.

Le tavolette di cioccolato Brio ripiena al latte, una specie di Kinder ante litteram, ma mooolto più grandi, con lo slogan pubblicitario di Gianni Morandi: “Fatti mandare dalla mamma/ a prendere Brio…”.

Quando cioccolata si diceva Perugina mangiavamo le cioccolate Carrarmato Perugina (al latte), e Cingolato Perugina (bianco), monolitici blocchi di cioccolato al latte e bianco, e Armonica Perugina, combinazione di cioccolato e confettura (nella pubblcità un bambino dall’impertinente caschetto di capelli rossi faceva finta di suonare l’armonica a bocca usando l’Armonica Perugina).

Le tavolette di cioccolato Duplo (detto anche Cioccolone!); il Ciocc-ovo, una barra compressa di Ovomaltina (dà forza!) ricoperta di cioccolato, e la tavoletta Ovomaltina pocket.

Due parole anche sulle creme spalmabili: sopra a tutte la Nutella (1964), vera delizia per i bambini degli anni 60 e 70 e oggi mito universale e crema spalmabile più diffusa al mondo, tanto da far diventare vero il dramma posto dallo slogan “Che mondo sarebbe senza Nutella?”, ma anche le meno conosciute ma non meno buone Ciao Crem, con la cioccolata bi-gusto e lo slogan “Lupi di mare al merendaggio”; Ergo Spalma con latte magro (della Plasmon, con una linea composta da Ergo Spalma, Ergo Biscotto, Ergo Sprint e Ergo Cappuccio) e le pubblicità con il personaggio di Asterix; Cremita Barzetti, con i coperchietti delle monoporzioni da 30 grammi con le figurine della serie Barxok V.

Alcune immagini di merendine e pubblicità

buondi cut

panettone-mottino

Buondi Motta - adv

buondi

Brioss Ferrero e Duplo Ferrero

Cicocca Brioss Ferrero 2

fiesta-1

fagottino_motta

tintin

ovomaltina

 

girella adv

Girella-fumetto

Girella 2 girella

girella_farcito

tettamanti

brio_alemagna

perugina

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carrarmato2

carrarmato1

kitkat1

kitkat2

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cioccovo

Urra saiwa

Urra-Saiwa-con-figurina-spaziale-Il-vero-cioccolato

duplo

tavoletta nestle

ciocori

cioccolone

nutella

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nutella adv 2

nutella-pubblicita-vecchia

nutella adv

ciaocream

Ciao-Crem-Pubblicità

Ergo-spalma

Cremita-papà-barzetti-pubblicità

biscotti mulino bianco

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2 comments

  1. adicapongo

    …e chi si ricorda il TOBLERONE? 🙂

    1. Elio61

      Me lo ricordo, prodotto in Svizzera se non sbaglio e forse ancora in produzione

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